martedì 22 ottobre 2013

Ettore Pais, "Donde venivano i Messapi (Μεσσάπιος)?"


Donde venivano i Messapi?*

“[…] Donde venivano i Messapi? Erodoto li faceva venire dal mare e da Creta. Che giungessero dal mare è assai probabile, come vedremo; che venissero da Creta non si può provare. Vi sono tuttavia alcuni fatti che non vanno passati sotto silenzio. In Creta scorreva realmente un fiume Μεσσάπιος; i Cretesi, antichi navigatori, le cui piraterie vengono ricordate nell’Odissea, stando all’antichissimo inno omerico in onore di Apollo Pitio, approdati al golfo Criseo avevano fondato il culto di Apollo Pitio che ad essi si era presentato in forma di delfino; Falanto, l’eroe nazionale dei Messapi ed eponimo della città di Baletum, secondo una tradizione assai antica riferita da Pausania, aveva naufragato esso pure, come i Cretesi di Erodoto divenuti Messapi, nel golfo Criseo ed era stato salvato da un delfino. Tuttavia, secondo il mio modo di vedere, la tradizione dell’origine cretese di questi popoli venne originata da quelle stesse ragioni che dettero occasione al sorgere della tradizione, ricordata del pari in questo luogo da Erodoto, secondo la quale i Cretesi con Minosse erano andati a Camico nella Sicania. Quest’ultima credenza sorse, per quanto a me pare, in seguito alla colonizzazione cretese-rodia di Gela e di Agrigento. La tradizione erodotea, che i Cretesi fa naufragare nel loro ritorno dalla Iapigia (e che anche in ordine cronologico è parallela a quella di Antioco che di Iapige faceva un cretese, nato da Dedalo e da una donna di Creta, venuto dalla Sicilia) rispecchia anche essa la colonizzazione dei Rodî nelle coste della penisola Sallentina e dell’Apulia. E che i Rodî facessero derivare dalla patria loro gl’indigeni che abitavano queste regioni, io trovo naturale e conforme alle consuetudini di altre stirpi. Ciò si spiega forse in seguito ai buoni rapporti che i coloni greci mantenevano con gli indigeni. Allo stesso modo e nello stesso suolo, sorse la leggenda che i Sanniti fossero di stirpe spartana. Tale leggenda, come è noto, era stata creata con fini politici dai Tarentini. Alla stessa maniera, come spiego meglio altrove, particolarmente nell’appendice relativa all’origine della leggenda dei Pelasgi in Italia, gli Achei d’Italia supposero che dall’Arcadia fossero venuti i più antichi abitatori del paese da essi conquistato e colonizzato.
Muro Leccese, mura messapiche
Che i Rodî abbiano poi fatto venire dallo stesso paese tanto i Messapi quanto gli Iapigi, non può recare meraviglia, perché, fra le altre cose, gli antichi Greci non erano né potevano essere buoni etnografi, e perché le ragioni politiche che facevano sorgere tali leggende non permettevano che si badasse a certi scrupoli che nacquero solo più tardi nelle menti dei dotti. D’altra parte somiglianze di costumi devono avere in parte contribuito, in questi ed in simili casi, ad accomunare popoli fra loro diversi. Perciò i nostri Cretesi-Iapigi-Messapi, secondo una tradizione riferita da Antioco, ma che forse deriva dal predecessore di lui Hippys di Reggio, vennero identificati con i Bottiei del golfo termaico. Furono del pari coloni greci, che visitarono od abitarono queste diverse regioni, quelli che accomunarono i Peucezi e gli Enotri, dei quali i secondi non solo abitavano regioni distinte da quelle dei primi, ma erano costituiti da varie genti di stirpe diversa.
Che però i Messapi siano giunti in Italia dalle coste della Grecia Settentrionale a me sembra indichino tre distinte serie di fatti. E in primo luogo i nomi geografici. Il nome Hyria, come quello di Messapia, ricompare, uno accanto all’altro, nella Beozia presso l’Euripo di fronte a Calcide Eubea, ove il monte Messapio sorgeva nelle vicinanze di Hyria; Messapia sarebbe anzi stato il nome arcaico della Beozia, e nelle coste dell’Etolia esisteva pure un lago O‹ràa. Metto per un poco in non cale gli altri nomi geografici della Messapia, che paiono ricomparire sulle coste dell’Etolia e della limitrofa Locride; osservo tuttavia che i Messapi erano una popolazione Locrese nota a Tucidide e che nel limitrofo paese degli Etoli, con i quali i Locresi Ozoli reputavano aver comune le origini v’era la città di Mûtapa che ricorda Mûtaboj il nome dell’eroe eponimo di Metaponto. Tutte queste omonimie possono giudicarsi di poco momento da quei critici, i quali, essendo passati da un eccesso all’altro, non sogliono oggi accordare il benché minimo peso a tali argomenti, ai quali, per il passato o, diremo meglio, sino a pochi decenni fa, si dava invece un’importanza soverchia. Ma nel caso nostro noi ci sentiamo autorizzati a tenerle nel debito conto. Perché un’antica tradizione, che pare derivi da antiche fonti elleniche, faceva di Brentesium o Brindisi una colonia di Etoli guidati da Diomede, perché il culto di questo eroe si trova da epoca assai antica presso le coste dell’Apulia fra i Dauni, infine perché, stando a tradizioni note a Varrone, a Flacco ed a Virgilio, e che derivano del pari, a quanto sembra, da fonti vetuste, i mitici Cretesi che giunsero nella penisola sallentina erano mescolati con Locresi.
E queste tradizioni vengono, alla lor volta, confortate dall’esame dei monumenti. Il Pauli infatti, il quale con molta diligenza ha testé studiati i rapporti tra gli alfabeti ellenici più antichi e quelli usati dalle popolazioni d’Italia abitatrici delle coste dell’Adriatico, è venuto al risultato che, mentre l’alfabeto dei Veneti si riconnette con quello dell’Elide, quello de’ Messapi non deriva, come con il Kirchhoff si soleva ammettere, dall’alfabeto tarantino bensì dal locrese. Ed è oltremodo notevole che il Pauli sia venuto a queste conclusioni indipendentemente dalla tradizione letteraria, che egli non studia e non riferisce, relativa alle origini locresi dei primi abitatori della penisola sallentina. E in pari modo è per noi molto significante il fatto che il Pauli, pur tenendo conto minutissimo ed esattissimo dei nomi veneti e messapici, con l’evidente intenzione di trovare, potendo, punti di contatto, non è riuscito a notare che soli 9 casi di somiglianza o di analogia su 75 nomi veneti rivelati dalle inscrizioni scritte nella lingua di questo popolo.
Vaste, trozzella messapica
Che i primi abitatori della Messapia fossero giunti dalle coste dell’Adriatico, poste di fronte all’Italia, era stato del resto più volte osservato, grazie al confronto, fatto anche dall’Helbig, del nome dei Caoni di Epiro con quello dei Coni di Italia abitatori della Siritide e con quello delle epirotiche Pandosia ed Acheruntia che ritrovansi anche fra i Coni della nostra Penisola. Di questo popolo si trova traccia nelle iscrizioni messapiche, le quali fanno appunto menzione di genti che appartenevano a tale stirpe e che, a quanto pare, ricordano anche i Graicoi dell’Epiro, abitatori della regione posta presso Dodona. Da questi fatti peraltro io mi guarderei bene dal conchiudere che i Messapi, parenti di quelli della Locride, fossero una sola gente con i Coni e con i Graeci; dacché in tempi successivi e tra loro più o meno distanti, dalle coste d’Epiro e dalle terre vicine possono esser giunte in Italia diverse popolazioni, sia pure di stirpe affine.
Dando anzi uno sguardo alla posizione geografica dei Coni della Siritide rispetto ai Messapi, io sarei piuttosto propenso a reputare che l’emigrazione Caonica fosse stata anteriore a quella degli ultimi; non credo però che dalla simiglianza dell’alfabeto locrese con il messapico si possa in alcun modo ricavare un indizio cronologico, dacché nulla vieta pensare che fra i Locresi Ozoli ed i loro coloni siano durate relazioni per lungo e non interrotto tratto di tempo.
Ciò induce a reputare assai probabile la facilità delle relazioni marittime tra la terra d’Otranto e i paesi posti sulle coste del golfo di Corinto, dai quali durante il secolo VIII partirono i coloni che fondarono le città achee d’Italia e quelli che si fissarono a Siracusa. E che a questo movimento coloniale abbiano partecipato anche i Locresi è del resto confermato, nel modo più splendido, dalla Città di Locri Epizefiria posta sulle coste del Bruzzio. Anche Metaponto, stando ad Eforo, sarebbe stata fondata da Daulius tiranno di Crisa, ossia dal signore di una città focese posta proprio ai confini della Locride Opunzia, le cui antichissime relazioni con il culto di Apollo Pitio, che si diceva fondato dai Cretesi, vennero sopra accennate e che, stando ad una notizia, che forse deriva del pari da Eforo, prima del secolo VI sarebbe divenuta opulenta, grazie alle relazioni con la Sicilia e l’Italia.
Museo di Ugento, iscrizione messapica
Metaponto del resto, e già lo avvertì il Mommsen, la città di Metabos, ricorda con il suo nome i Messapi, i quali forse in origine si estendevano sino al territorio di questa città posta ad occidente della penisola sallentina; e ad una estensione maggiore del nome dei Messapi accenna l’Urium posto alle falde del Gargano, e forse anche il nome stesso dei Dauni.
Dauni e Daunia, secondo gli scrittori greci e secondo i romani che da quelli dipendono, vollero significare quella parte della Puglia che dall’Aufido (oggi Ofanto) giungeva sino al Gargano e sino al paese dei Frentani, ossia quel tratto di paese che oggi da taluni si chiama la Puglia di Foggia. Tuttavia un tal nome, che sino dal 600 a. C., ossia da quello di Mimnermo, appare collegato con il mito di Dauno e di Diomede, non pare sia mai stato usato in età storiche dagli abitanti di quella regione. Strabone ci dice chiaramente che gli indigeni delle Puglie al suo tempo (o per lo meno, osserviamo noi, al tempo delle sue fonti meno antiche come Apollodoro ed Artemidoro) chiamavano se stessi Apuli e che il nome dei Peucezi e dei Dauni pareva essere stato in uso solo in tempi antichi. Poco dopo egli osserva che le genti che abitavano intorno al Gargano si chiamavano propriamente Apuli e dall’esistenza del nome di Dauni e Peucezi è tratto a sospettare che, in antico, vi fossero differenze tra questi popoli, differenze che ormai, al suo tempo, non esistevano più. Infine questo stesso scrittore in un passo in cui secondo il Kramer ed anche secondo me si riferisce all’autorità di Antioco di Siracusa, si dice che erano Iapigi derivati dal Cretese Iapigio tutte quelle genti sopra Taranto le quali giungevano sino alla Daunia. Da tutti questi passi, e soprattutto in grazia dell’autorità di Antioco, mi pare si possa conchiudere che il nome dei Dauni, caduto pressoché in disuso nell’età storiche, indicava primieramente un popolo distinto dagli Iapigi. Che se più tardi da scrittori greci sino a Tolomeo, si ricorda la Daunia come una parte dall’Apulia, ciò vuol dire che la tradizione letteraria greca mantenne ferma una denominazione che non era più in uso nel paese. Perciò Dionisio, parlando della guerra di Pirro, nomina i Dauni di Arpi, e perciò Luceria è detta antica città di questa gente. Allo stesso modo molti scrittori greci, ad es. Tucidide, continuarono a chiamare Medi i Persiani. Invece gli annalisti romani queste genti nominarono Apuli. Il nome di Luceria ricorda chiaramente il Giove lucano ossia Lucius ed i Lucani che la abitavano dappresso; Daunus e la regione Daunia non hanno invece riscontro di sorta nei nomi geografici e personali d’Italia, anzi dell’Occidente. Invece essi si riconnettono agevolmente con Daunio re di Crisa, il fondatore di Metaponto, ricordato da Eforo, e con la nota Daulia crisea della Focide limitrofa alla Locride.
Dopo tutto ciò mi pare per lo meno lecito accampare l’ipotesi che i Messapi, in origine abbiano occupato un tratto di costa più esteso di quello che era in loro potere in età storiche; e, se io non mi inganno, nella penisola sallentina essi vennero respinti dalla invasione degli Iapigi dei quali ora ci faremo ad investigare la provenienza. " […]

* Passo tratto (emendato delle note) da Ettore Pais, Il Sud prima di Roma. (Storia della Sicilia e della Magna Grecia), tomo secondo, Ediz. Capone, Capone Editore, Lecce 2008, pagine 10-14

Nessun commento:

Posta un commento