mercoledì 2 settembre 2015

Se la taranta non morde e non è un ragno /// apparsa su Nuovo Quotidiano di Puglia del 01/09/2015


Se la taranta non morde e non è un ragno
apparsa su "Nuovo Quotidiano di Puglia" del 01/09/2015

Solo oggi si scopre la verità sul morso del ragno, o meglio si scopre ciò che non è il tarantismo, non legato al morso della tarantola che, a sua volta, non è un ragno. Insomma: è solo credulità popolare, tradizione.
Lo scopriamo perché uno spot di due minuti ha fatto indignare Eugenio Imbriani, antropologo e docente di Unisalento, un buono dal carattere mansueto, a tal punto da fargli rassegnare le dimissioni da membro del consiglio scientifico della Fondazione Notte della Taranta.
Ma più osserviamo il video e più ci pare che questo sia stato utilizzato come pretesto per rendere pubblico uno stato, uso le parole del presidente del comitato scientifico Sandro Cappelletto, di disagio che il Consiglio vive da tempo, ed ecco allora che la sensibilità del professore “è stata ferita dalla banalità di una ricostruzione inaccettabile - sempre parole del Presidente.
Ora, come tutti sanno, Sandro Cappelletto è un giornalista di chiara fama, pertanto se parla di banalità” nella ricostruzione non si può che prenderne atto, dato che egli, evidentemente, utilizza come metro di giudizio i suoi originalissimi saggi sul tarantismo che, ce ne dispiace, non abbiamo  mai incrociato in venti anni di ricerca (e divulgazione) sugli usi, i costumi, le superstizioni di Terra d'Otranto, quindi tanto di cappello.
Siamo un po' in disaccordo quando qualifica quella ricostruzione inaccettabile, e basta guardare il filmato, che non aveva alcuna pretesa scientifica, per rendersene conto.
Chiediamo quindi, tanto all'accademico risentito quanto al divulgatore critico, se i tre anziani sbagliano quando affermano che la taranta non è una danza, non è una musica, ma è un ragno. Crediamo di no; è semplicemente la banalità” tradizionale che li spinge a ribadire ciò che sempre hanno vissuto - sembra essere tornati indietro, ai tempi degli uomini con lanello al naso da una parte e i colti stranieri di provincia dall'altra - ma lo insegna anche la storia, ed in particolare Goffredo di Malaterra (operante alla fine dell'XI secolo) in quella che è considerata la prima testimonianza scritta nella quale si descrive il ragno: Taranta quidem vermis est aranea speciem habens (La tarantola è un verme che ha l'aspetto di un ragno). In questo c'è stata una mancanza del regista, ci scusiamo noi per lui, che di sicuro la prossima volta, per dare maggiore autorevolezza allo spot, chiamerà qualcuno che parli latino, magari un docente universitario, non si sa mai che riesca qualcosa di accettabile agli occhi degli specialisti, ma solo ai loro.

Dopo gli eretici anziani c'è il nostro intervento che recita: Secondo la tradizione, chi veniva morso dal ragno, per curarsi, doveva danzare di modo che sudando potesse espellere il veleno dal corpo.
Non si può mettere in dubbio che fosse una credenza rinomata leggasi tradizione, uso, costume - che si dovesse ballare (o comunque provocare sudore) per espellere il veleno dal corpo: lo scrive sempre Malaterra (clibanica, o cura del forno caldo) e lo fa intendere anche Alberto di Aquisgrana: l'uomo punto (per rimediare al morso del serpente-Tarenta) doveva giacersi senza indugio con una donna, e viceversa, poi si potrebbe continuare citando il Mattiolo, e tanti altri ancora (o forse si tifa per la cura esattamente opposta, quella proposta dal Mercuriale, il quale consigliava di legare il malcapitato con funi?) ma si rischia di non uscirne più e di annoiare il lettore.
Se poi si vuol parlare di altri tipi di avvelenamento e di altre terapie ci piace rimandare agli articoli apparsi su questo Quotidiano la scorsa estate.
Insomma, si è preferito dare un taglio storico/tradizionale piuttosto che antropologico, senza avere la presunzione che un approccio sia superiore allaltro, soprattutto in una clip di due minuti, nella quale non c'è il tempo per filosofeggiare sul tutto e sul niente, spingendosi ad analizzare i legami coi riti delle antiche civiltà del Mediterraneo, facendo poi un volo nel Baltico o altro ancora quello al massimo si scrive negli articoli scientifici, che leggeranno in pochissimi ma faranno far carriera, o nei libri che si trovano nelle librerie delle persone comuni (banali?), che non fanno far carriera accademica ma danno altri tipi di soddisfazione, non ultima quella di poter parlare/scrivere alla pari.

Infine l'intervento di Antonio Durante, direttore del Museo di Storia Naturale del Salento con sede a Calimera, per il quale il tarantismo non è provocato dalla tarantola ma dalla vedova nera, è ovvio che parli da zoologo, non da etnomusicologo o antropologo.

Quindi, nel videoclip nulla per cui ci si debba far cadere le braccia, tanto da rassegnare le dimissioni, ed infatti Eugenio Imbriani non si avvale della fonte "banale e inaccettabile" (ma originale, ossia il sito della Notte della Taranta) ma ritiene opportuno richiamarsi  superficialmente, e questo mi pare quantomeno inusuale per chi ha fatto della ricerca il suo vivere quotidiano, un link esterno nel quale male si interpretava il significato del video.
Ci dispiace, dunque, che sia bastato così poco perché fosse presa una scelta probabilmente irrevocabile, e che un buono dal carattere mansueto abbia contestato ciò che non poteva essere contestabile, dopo che in 18 anni di Notte della Taranta (da tanto esiste il festival) non abbia mosso neppure una critica velata ad un sistema che piace a pochi e che non ha prodotto quanto si sperava, nonostante gli si fosse conferita autorevolezza accademica. Mentre per due minuti di video, non proprio un colossal, attacca tutti. Per non attaccare nessuno.

Per concludere chiediamo all'accademico risentito ed al divulgatore critico: se il tarantismo non è legato alla taranta, e se questa non è un ragno, in cosa abbiamo creduto fino ad oggi (oppure, in cosa abbiamo investito i nostri soldi)?

federico capone