giovedì 30 marzo 2023

Disponibili in versione digitale "Viaggio nel Salento magico" e "Osservazioni sul tarantismo"

 Disponibili in versione digitale

"Viaggio nel Salento magico"

e "Osservazioni sul tarantismo"




Ecco i link per acquistare gli E-Book:
Viaggio nel Salento magico: http://digital.casalini.it/9788883492341

Osservazioni sul tarantismo: http://digital.casalini.it/9788883492020

sabato 12 febbraio 2022

Un inglese nel paese (di Cavallino)

 



Un inglese nel paese.


Craven si trovò a passare da Cavallino e non ne parve particolarmente colpito, purtuttavia coglie la palla al balzo per descrivere la situazione di buona parte dei paesi in Terra d’Otranto agli inizi del XIX secolo: «Cavallino si trova a tre miglia da Lecce e, come tutti i villaggi sopra menzionati, ha una bella chiesa, capienti case ben costruite e un'ampia strada asfaltata. Le periferie di ogni piccola città dell'entroterra di questo distretto appaiono uguali l’un l’altra; questo risulta piacevole all'inizio ma un po 'monotono alla lunga. Qui la natura è stata molto parsimoniosa coi suoi doni, e questo sfarzo nell’architettura pare voler palesare la ricchezza e la fatica dei proprietari, quasi a confermare che gli sforzi dell’uomo si esercitano con impegno raddoppiato in assenza di vantaggi naturali più desiderabili». (da Richard Keppel Craven, “Viaggio nelle province meridionali del Regno di Napoli”, Londra 1821)


www.sataterra.blogspot.com

venerdì 5 marzo 2021

"Folk in mostra", recensione apparsa su "Presenza Taurisanese/Brogliaccio Salentino"

"Folk in mostra". Intervista a Federico Capone su TeleNorba

Per l'intervista, segui il link: http://norbaonline.it/ondemand-dettaglio.php?i=105628

"Folk in mostra", recensione apparsa su corrieresalentino.it

LECCE – Federico Capone ha dato vita a un interessante lavoro di recupero delle testimonianze storiche, fatte di immagini, copertine, dischi, canzoni e testi che riguardano la canzone dialettale leccese: una piccola “mostra” racchiusa in un libro che ridà dignità al folk leccese, nato dalla tradizione orale unita alle atmosfere della musica etnica e, successivamente, amalgamatosi con reggae e hip hop.Per continuare a leggere segui il link: https://www.corrieresalentino.it/2021/02/folk-in-mostra-il-foto-racconto-della-canzone-dialettale-leccese-spesso-snobbata-ma-sempre-viva/

FOLK IN MOSTRA. IMMAGINI PER UNA STORIA DELLA CANZONE DIALETTALE LECCESE

E' disponibile on line e scaricabile gratuitamente "Folk in mostra. Immagini per una storia della canzone dialettale leccese". Di seguito il link per il download. https://www.academia.edu/44953323/Folk_in_mostra_Immagini_per_una_storia_della_canzone_dialettale_leccese

domenica 27 agosto 2017

musica+storia+quotidianità


musica+storia+quotidianità

Magari fra quindici anni troverò "apprezzato" il mio pensiero di oggi, così come oggi trovo "rivalutato" il mio pensiero di quindici anni fa, quando facevo notare che la tradizione non è tradimento né meticciato – come affermavano invece i politici col loro fare punk e spocchioso di chi crede di poter devastare tutto perché non ha consapevolezza di nulla – ma traduzione, trasporto, trasformazione. È chiaro che mi fa piacere che oggi si quoti ciò che allora passò inosservato, probabilmente perché lo scrivevo io, forse perché non facevo (e non faccio) parte del cerchio degli amici del giusto. Mi spiace solo che in tanti lo facciano solo ora.
Torna poi in voga, e si realizza nelle opinioni di tanti,  ciò che scrissi in "Lecce che suona" (2003, nel capitolo "La morte della Taranta") ossia che La Notte della Taranta crea fenomeni irreversibili sotto l'aspetto musicale, decretando la morte della pizzica (musica): non so se sia un bene, ma ritengo, ancora oggi, che sia un dato di fatto. A conferma che di pizzica sia rimasto poco, i commenti dei puristi infastiditi perché al Concertone (ma La Notte della Taranta è anche le 18 tappe del Festival e i 16 appuntamenti dell’Altra Tela) s’è sentita troppa contaminazione  (“ill format”, cito Buckshot Lefonque in Music Evolution) e poca musica nostrana. Però ho imparato a trasformare l'energia negativa in positiva, e vedo in quello che vien fuori dalle tante, accese, discussioni un forte interesse per la “tradizione”, qui come in nessuna altra parte d’Italia e, forse, d'Europa. Purtuttavia si è divenuti talmente tanto orgogliosi dell’appartenenza etnica che tutto deve passare sotto il marchio “Salento”. In questo caso a far la differenza, dovrebbero essere la "conoscenza" e la "consapevolezza" di ciò che siamo e siamo stati. Queste molto spesso mancano e se non si provvede a colmare tale lacuna, "Salento" è destinato a rimanere un marchio commerciale, incapace di divenire simbolo nel quale una comunità intera possa riconoscersi.

----------------- INTERMEZZO: Il discorso cambia per il momento catartico, perché è innegabile che la musica sia in grado di guarire, ovunque. Anche a Melpignano, anche alla Notte della Taranta (che non fa musica proprio sgradevole, almeno a vedere più di centomila persone in festa). Sarà tarantismo contemporaneo? Mi pongo la domanda ed immagino una risposta osservando artisti impegnati a suonare sul palco per far danzare gli astanti e liberarli dai problemi quotidiani almeno per qualche ora. -------------------------

Detto questo, credo (ma è un mio punto di vista personalissimo) che ci si debba perfezionare non tanto per i suoni (discutere performance e performer è opinabile) quanto piuttosto per la ricerca e la divulgazione dei "fatti storici" e “di vita quotidiana” di Terra d’Otranto.
A mio avviso la via è: musica+storia+quotidianità e consapevolezza. Spero non si cominci a percorrerla fra quindici anni.

giovedì 27 aprile 2017

Federico Capone nel Comitato Scientifico della Fondazione "La notte della Taranta"


A presiederlo il prorettore dell’Università del  Salento Domenico Fazio



Nominati i nuovi componenti

del Comitato scientifico

della Fondazione La Notte della Taranta









Si tratta dell’etnomusicologo Maurizio Agamennone, del sociologo Aldo Bonomi, dello storico delle tradizioni Federico Capone,  del filosofo Domenico Fazio e del geografo Fabio Pollice. A presiedere il Comitato sarà il prorettore dell’Università del Salento Domenico Fazio. Il Comitato scientifico, per i temi di cultura e ricerca, affianca nella funzione consultiva il Consiglio di amministrazione composto dal Presidente Massimo Manera, dal vicepresidente Raffaele Gorgoni e dai componenti Ivan Stomeo e Francesco Pellegrino. 


“Abbiamo inteso dare spazio - ha sottolineato Massimo Manera, Presidente della Fondazione La Notte della Taranta -  a competenze diverse. Figure di alto profilo culturale che testimoniano ancora di più quello che è il nostro preciso obiettivo: fare della Fondazione uno strumento di crescita culturale e di sviluppo socio-economico del territorio salentino attraverso una stabile interconnessione  con il panorama italiano e internazionale. Ringrazio i professori Fazio, Bonomi, Agamennone e Pollice e il giovane Capone per aver accettato la nomina. Il Cda della Fondazione chiederà da subito ai nuovi componenti un confronto sulle iniziative culturali da promuovere per il ventennale del Concertone che ha rivoluzionato le pratiche culturali nel Mezzogiorno d’Italia. Ringrazio anche tutti gli altri  partecipanti al bando pubblico per la selezione del Comitato Scientifico che hanno dimostrato vivo interesse per l’operato della Fondazione”.

Il comitato scientifico è l’organismo consultivo della Fondazione, si compone da non più di 5 membri, nominati dal Consiglio di Amministrazione, tutti scelti fra persone particolarmente qualificate e di riconosciuto prestigio nei settori di interesse della Fondazione. Il Presidente è eletto nell’ambito del Consiglio. Il comitato scientifico collabora con il Consiglio di Amministrazione nella definizione e nella realizzazione delle attività della Fondazione e svolge una funzione tecnico-consultiva in ogni questione in cui il Presidente o il Consiglio di amministrazione lo ritengano necessario. I membri del Comitato scientifico durano in carica 5 anni e sono prorogabili una sola volta e se nominati prima della scadenza quinquennale, restano in carica fino a tale scadenza (Articolo 19, Statuto Fondazione La Notte della Taranta). 


COMITATO SCIENTIFICO

Domenico FAZIO (Presidente Comitato Scientifico)
Filosofo. Dal settembre 2015 è Prorettore vicario dell’Università del Salento. È ordinario di Storia della Filosofia presso l’Università del Salento.
I suoi studi vertono soprattutto sulla filosofia tedesca dell’Ottocento – in particolare su Schopenhauer, Nietzsche e Paul Rée – ma i suoi interessi spaziano dalla filosofia italiana del Rinascimento – con particolare riguardo al salentino Giulio Cesare Vanini – al pensiero politico meridionalista e liberalsocialista, dall’estetica della Scuola di Francoforte alla filosofia della musica. Ha al suo attivo oltre cento pubblicazioni, molte delle quali all’estero.
È musicista dilettante.

Maurizio AGAMENNONE
Etnomusicologo.  Allievo di Diego Carpitella, è professore associato di etnomusicologia presso l’Università di Firenze.
Si è occupato delle pratiche di improvvisazione poetica, dei processi performativi nelle polifonie viventi, delle produzioni dei “musicisti migranti” in ambiti di globa(gloca)lizzazione, delle scritture e pratiche performative nell’avanguardia musicale europea del secondo Novecento, del confronto interculturale nella musica contemporanea di fine/inizio millennio.


Aldo BONOMI
Sociologo. E’ fondatore del Consorzio Aaster che dirige dal 1984. Da oltre trent’anni svolge studi e ricerche sulle dinamiche territoriali. Cura la rubrica Microcosmi sul “Sole 24 Ore”e ha redatto la rivista “Communitas”. Tra i suoi libri Il distretto del piacere (200) Il capitalismo molecolare (1997) Elogio della depressione (2011 con E. Borgna), Il capitalismo in-finito. Indagine sui territori della crisi ( 2013)  nonché i recenti Dalla smart city alla smart land  (2014 con R. Masiero) e La società circolare. Fordismo, capitalismo molecolare, sharing economy (2016 con R. Masiero e F. Della Puppa), quest’ultimo nella collana Comunità Concrete da lui personalmente curata.


Federico CAPONE
Storico.   Si occupa di storia delle tradizioni popolari con particolare riferimento a quelle di Terra d'Otranto, al fenomeno del tarantismo, al Reggae+HipHop salentino, alla letteratura ed alla canzone dialettali. È specializzato negli studi sulla ricontestualizzazione delle tradizioni musicali popolari.
È autore di numerose pubblicazioni, fra queste Lecce che suona (Capone Editore 2003), Hip Hop Reggae Dance Elettronica (Stampa Alternativa 2004), Sata terra (Issuu 2011) Viaggio nel Salento magico (Capone Editore 2013) e Osservazioni sul tarantismo (Capone Editore 2016).




Fabio POLLICE

Geografo. Ha insegnato nelle Università di Napoli “Federico II” e di Roma “La Sapienza”. Dal marzo 2016 è Direttore del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell’Università del Salento, dopo essere stato nella stessa Università per un triennio Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Human and Social Sciences. È altresì membro del Consiglio Direttivo della Società Geografica Italiana, componente del Comitato Scientifico del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali e Direttore della Scuola di Placetelling dell’Università del Salento. Si occupa di temi di geografia applicata con particolare riguardo per i temi legati allo sviluppo territoriale e ai rapporti locale-globale con approfondimenti sul rapporto tra turismo e cultura e al ruolo della cultura nei processi di sviluppo locale. È autore di oltre un centinaio di pubblicazioni scientifiche di livello nazionale ed internazionale








mercoledì 21 settembre 2016

"Tarantismo, un fenomeno minuscolo e complesso", introduzione ad "Osservazioni sul tarantismo ed altri scritti sulla musica 'popolare' salentina"


Tarantismo, un fenomeno minuscolo e complesso


 “Potrà forse sembrare strano che un discorso così impegnato, e che quasi promette di voler mettere mano a cielo e terra, possa prendere le mosse da una minutissima vicenda regionale, anzi locale, della cui levità par testimoniare il sorriso col quale a chi dà segni di agitazione immotivata chiediamo celiando: ‘Ti ha morso la tarantola?’. Ma non tutte le cose che abbiamo reso lievi meritavano di diventarlo, ed in ogni caso il ‘lieve’ ed il ‘grave’ non appartengono alle cose in sé, ma sono sempre di nuovo ridistribuibili nella trama della realtà in funzione di certi ‘problemi presenti’ che stimolano a scegliere il passato importante” (Ernesto de Martino, dalla Prefazione a La terra del rimorso).


Per quanto minuscolo, il tarantismo si svolge con dinamiche simili a quelle di qualsiasi altra vicenda umana e proprio come fatto dell’uomo lo abbiamo voluto descrivere, sicuri che questo taglio sia l’unico in grado di ri-sentimentalizzare un fenomeno che appartiene al Salento ed alle sue genti, nonostante da sempre abbia subìto l’aggressione da parte di forze non propriamente interne (per sostrato culturale, per provenienza geografica e altro ancora) che lo hanno trasformato, plasmato a seconda delle esigenze, anche personali e/o del momento, analizzato fino all’osso e snaturato, privandolo talvolta di quell’anima popolare che lo ha mantenuto in vita fino ai giorni nostri.
Ma oltre che minuscolo, il tarantismo è anche complesso: tutto sommato giovane, le origini risalgono al basso Medioevo, affonda le radici nel mondo antico; esclusivo della Puglia e di Terra d’Otranto, ha paralleli extraeuropei e, ancora, collocato nel quadro dell’incontro fra Islam e cattolicesimo diviene successivamente materia da argomentare con parametri della magia naturale e, più in là, medici non meno che simbolico-tradizionali, da leggere in chiave positivista o (neo)umanista o, ancora, con approccio antropologico e sociologico... tutto ciò a conferma che ha uno svolgimento articolato, come ogni cultura d’altronde, ed è per alcuni aspetti “vittima” del pensiero dominante, per altri forma di resistenza a quello egemone.
Banalizzando, si potrebbe immaginare questa storia come il tratto d’un fiume del quale non scorgiamo né l’inizio né la fine ma, al massimo, parte degli infiniti rivoli che da questo si diramano; sta a noi seguirne uno, non potendo né col nostro sguardo, né con la nostra conoscenza, percorrerli tutti. La scelta scaturisce dalla sensibilità personale e dal guardarsi attorno per capire se – e dove, e come – questa manifestazione possa attualmente meglio collocarsi, dando per scontato che ancor oggi sopravvive: una risposta l’abbiamo rintracciata nell’aspetto musicale ed in particolare nel reggae+hip hop – precursori Georges Lapassade e Piero Fumarola – e in quei giovani che danzano per liberarsi sotto il palco del concertone finale della Notte della Taranta.
Fra il tarantismo di ieri e quello di oggi, e poco prima del reggae+hip hop, c’è un’altra esperienza “musicale” sulla quale ci siamo soffermati, ossia la canzone dialettale urbana, perché anticipatrice di alcuni aspetti dell’evento di Melpignano, fra i quali quello più preponderante è l’assoluta spensieratezza con la quale la gente, nel folk-leccese come nella world-pizzica, si approccia e vive l’esperienza sotto i palchi. Si aggiunga che la canzone dialettale urbana, ieri nelle piccole sagre, oggi rispolverata anche a Melpignano, contribuisce a liberare i presenti, seppur per poche ore, da ogni problema piccolo o grande che sia; non poteva essere altrimenti in una Terra d’Otranto dove qualsiasi momento catartico può essere ricondotto al tarantismo, come confermano i fatti: ogni “minuscolo evento” è risultato, finale ma non definitivo, del contesto nel quale si svolge – non si è forse partiti con le tarantole sul monte Pellegrino a Palermo, per arrivare alla cappella di San Paolo a Galatina e poi al reggae+hip hop nostrano? – Perché allora non cercare un luogo, un modo, nel quale il rito oggi si rinnova? Solo in quest’ottica si può comprendere quanto già scritto da Ernesto de Martino, cioè che il fenomeno, ieri come oggi, è plasmato dalle stesse forze egemoni che lo studiano e lo (de)scrivono, introducendo – e al tempo stesso portando all’esterno, pensiamo alle fonti giunte in nostro possesso – di volta in volta “determinazioni nuove” e “compromettendone efficacie antiche”. Ma aggiungiamo una nostra altra constatazione: mentre il tarantismo viene modellato e descritto dall’esterno, contemporaneamente, si rafforza grazie ai protagonisti che lo vivono e lo mantengono in vita, adeguandolo a tempi e luoghi.
Questa continua e rapida ricontestualizzazione spiazza un po’ tutti, non ultimi gli studiosi che, di conseguenza, non riescono a “stare sul pezzo”; ciò contribuisce a non ricercare e a non produrre, dando l’impressione che il tarantismo sia definitivamente esaurito. Ecco il maggiore dei problemi di fronte ai quali ci siamo oggi trovati: se già in precedenza lo studioso identificava il tarantismo come relitto, e questo avveniva quando la “tradizione” era più “stabile”, ci dovremmo sentire giustificati a considerarlo oggi definitivamente scomparso, sol perché non ne cogliamo le trasformazioni? Dovremmo forse, in maniera semplicistica e arrendevole, affermare tout court che “la tradizione è tradimento”, perseverando in una azione dissacratoria che oggi, a differenza di qualche ventennio addietro, non ha alcuna valenza ideologica ma serve piuttosto per colmare e celare ben altri tipi di lacune?, o dovremmo piuttosto continuare l’opera di de-sentimentalizzazione che vuole far “vivere” il tarantismo solo nelle fonti? Nulla di tutto ciò, e col lavoro che segue offriamo alcuni strumenti per navigare nuovi tratti di storia, nuove vie, fornendo una serie di testimonianze già note nella prima parte, e letture nuove nella seconda, per dimostrare che il tarantismo non si è esaurito.
Per dirla in una parola, l’oggetto della ricerca, in storia non più che altrove, non si esaurisce, si cerca... anche con l’osservazione.



Marzo 2016                                                                         fc