musica+storia+quotidianità
Magari fra quindici anni troverò "apprezzato" il mio pensiero di oggi, così come
oggi trovo "rivalutato" il mio pensiero di quindici anni fa, quando facevo notare che la
tradizione non è tradimento né meticciato – come affermavano invece i politici col loro fare punk e spocchioso di chi crede di poter
devastare tutto perché non ha consapevolezza di nulla – ma traduzione, trasporto, trasformazione. È chiaro che mi fa
piacere che oggi si quoti ciò che allora passò inosservato, probabilmente perché lo
scrivevo io, forse perché non facevo (e non faccio) parte del cerchio degli amici del giusto.
Mi spiace solo che in tanti lo facciano solo ora.
Torna poi in voga, e si realizza nelle opinioni di tanti, ciò che scrissi in "Lecce che suona" (2003, nel capitolo "La morte della
Taranta") ossia che La Notte della Taranta crea fenomeni
irreversibili sotto l'aspetto musicale, decretando la morte della pizzica
(musica): non so se sia un bene, ma ritengo, ancora oggi, che sia un dato di
fatto. A conferma che di pizzica sia rimasto poco, i commenti dei puristi infastiditi
perché al Concertone (ma La Notte della Taranta è anche le 18 tappe del
Festival e i 16 appuntamenti dell’Altra Tela) s’è sentita troppa contaminazione (“ill format”, cito Buckshot Lefonque in Music
Evolution) e poca musica nostrana. Però ho imparato a trasformare l'energia negativa in positiva, e vedo in quello che vien fuori dalle tante, accese,
discussioni un forte interesse per la “tradizione”, qui come in nessuna
altra parte d’Italia e, forse, d'Europa. Purtuttavia si è divenuti talmente tanto orgogliosi
dell’appartenenza etnica che tutto deve passare sotto il marchio “Salento”. In questo caso a far la differenza, dovrebbero essere la "conoscenza" e la "consapevolezza" di ciò che siamo e siamo stati. Queste molto spesso mancano e se non si provvede a colmare tale lacuna, "Salento" è destinato a rimanere un marchio commerciale, incapace di divenire simbolo nel quale una comunità intera possa riconoscersi.
----------------- INTERMEZZO: Il discorso cambia per il momento catartico,
perché è innegabile che la musica sia in grado di guarire, ovunque. Anche a
Melpignano, anche alla Notte della Taranta (che non fa musica proprio
sgradevole, almeno a vedere più di centomila persone in festa). Sarà tarantismo
contemporaneo? Mi pongo la domanda ed immagino una risposta osservando artisti
impegnati a suonare sul palco per far danzare gli astanti e liberarli dai
problemi quotidiani almeno per qualche ora. -------------------------
Detto questo, credo (ma è un mio punto di vista personalissimo) che ci
si debba perfezionare non tanto per i suoni (discutere performance e performer è
opinabile) quanto piuttosto per la ricerca e la divulgazione dei "fatti
storici" e “di vita quotidiana” di Terra d’Otranto.
A mio avviso la via è: musica+storia+quotidianità e consapevolezza. Spero non si cominci
a percorrerla fra quindici anni.
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