Tarantismo
e possessione (1)
Ricondurre
le cause del tarantismo esclusivamente a ragioni di disagio economico
e sociale delle popolazioni del Meridione medievale è antistorico e
riduttivo. Abbiamo notizie certe, dal secolo XI, dell’esistenza del
fenomeno da Palermo a Sidone, sappiamo che ha colpito
indifferentemente uomini e donne, di qualsiasi età.
La
mancanza di dati antecedenti all'undecimo secolo potrebbe far
supporre che tale fenomeno sia nato nel basso medioevo, ma c’è
qualcosa che non quadra: perché il cristianesimo, che all'epoca
affermava la sua potenza temporale (muovendo guerra ai musulmani e
promuovendo crociate), si sarebbe accontentato di integrarsi in una
pratica pagana, conservandone intatti, o quasi, tempi e modi di
cerimonia? Non sarebbe stato più facile scontrarsi frontalmente coi
poveri, incolti e credenzoni contadini salentini e spazzare via
tutto?
Perché
replicare in Terra d'Otranto, a distanza di circa mille anni, il
“metodo maltese” di paolina memoria, (ri)scomodando l’apostolo
delle genti? Tutto ciò suona stravagante, e pensiamo che un’altra
verità si possa trovare comparando le numerose corrispondenze fra i
fenomeni di possessione temporanea delle civiltà primitive e gli
effetti causati dal morso del ragno nell'area meridionale d'Italia.
Il
tarantismo come fenomeno di possessione temporanea indesiderata.
Se il presupposto non è errato, e i dati non ci ingannano, possiamo
asserire che “il tarantismo è un fenomeno di possessione
indesiderata e temporanea, che si manifesta ciclicamente, fino a
quando il medium
(tarantola) che ha causato la possessione, che coincide poi con lo
stesso spirito malefico, non muore fisicamente. Solo a questo punto
il posseduto è definitivamente libero.
Tipi
di possessione.
I tipi di possessione sono generalmente due: desiderata
o indesiderata.
Nel primo caso, la possessione è ricercata e indotta, spesso, dal
posseduto stesso e si pone come scopo principale quello di contattare
una entità superiore, portarsi dunque ad uno stato piacevole,
elevarsi.
Nel
secondo tipo di possessione, quello che noi analizziamo,
indesiderata,
non c’è piacere né convenienza nel «farsi possedere», poiché,
sovente, è uno spirito malefico ad impadronirsi del corpo del
prescelto.
Durata
della possessione.
La durata della possessione può essere permanente o temporanea e
riveste, anche questa, una certa importanza; nel tarantismo, il
fenomeno è temporaneo ma ciclico, ripresentandosi di anno in anno
nel posseduto e, di anno in anno, questi necessita di un rito di
liberazione che diviene definitiva solo quando il medium/spirito
muore.
La
centralità del medium.
Il medium
riveste, manco a dirlo, un ruolo centrale nel discorso che
affrontiamo: esso coincide, infatti, con lo spirito
che si è impossessato dell’uomo e quest'ultimo, identificandosi
con la tarantola, sarà nel contempo posseduto e possedente. Per
tradizione, la liberazione totale si ha solo nel momento in cui si
spezza la catena, ossia muore/si ammazza/si scaccia il
medium/tarantola.
Focalizziamo
ora la nostra attenzione sul medium.
Nelle
società arcaiche non è raro considerare l’animale pari o
superiore all’uomo (sarà un retaggio primordiale -?-). Questo
fatto ha una ricaduta importante sul rapporto essere
umano –
animale:
è così che l’animale, diviene un simbolo talmente temuto e
rispettato da non poter essere sfidato o ucciso, la sua vita è
sacra, come e più di quella dell’uomo: uccidendo o molestando
anche un solo animale sacro (se non per stretta necessità), si
rischierebbe di suscitare l’ira di tutti gli appartenenti alla
specie e, se esso è mezzo attraverso il quale uno spirito si
manifesta, ne scatenerebbe l’ira.
Legame
fra lo spirito il medium, l’uomo e… la società. Espulsione
definitiva del male.
Questo legame fra possessore e posseduto è ulteriormente rafforzato
dal fatto che l’invasato, in un processo di imitazione, prova
fastidio per i colori che disturbano (o identificano) il
medium/spirito,
talvolta ne assume lo stato d’animo (malinconico, felice) e, altre
volte ancora, può provare fastidio o piacere nel contatto con
l’acqua…
Per
espellere il male è necessario celebrare una funzione che vuole la
presenza e la partecipazione di molte persone che “percuotendo
l’aria” e causando frastuono spaventino gli spiriti facendoli
fuggire (dopotutto non si dovevano battere le pietre – a tempo -,
secondo Alberto d’Aquisgrana, per spaventare i serpenti chiamati
tarenta,
in quel di Sidone?).
Ciclicità
del rito. Se
il medium
coincide con lo spirito
(possessore),
cosa ci vieta di supporre che il posseduto
non simboleggi la società di appartenenza/provenienza? E la
liberazione del singolo non convergerebbe dunque con l’espulsione
del male dalla società?
Di
solito questi esorcismi si svolgevano due volte l’anno,
nell’imminenza del cambio di stagione (le stagioni
erano composte fondamentalmente da due cicli delimitati dai
solstizi).
Nel Salento il rito legato al tarantismo avviene in
prossimità del solstizio d'estate
a nostro avviso perché, nei mesi successivi, da luglio a novembre il
lavoro nei campi avrebbe assorbito buona parte della giornata, fra
raccolta e preparazione, ed era più facile imbattersi in rettili o
ragni velenosi.
Ecco
secondo noi il senso del rito del tarantismo: espellere il male dal
singolo per allontanare il male dalla società, che vuol poi dire
scacciare il ragno dai campi perché il lavoro si possa svolgere con
serenità.
28 giugno 2015
(1) Queste note sono ancora oggi da approfondire.
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