giovedì 2 febbraio 2012

Opera per piano-forte, pubblicata sul numero 9 di "diversatilità poetiche

Opera per piano-forte, pubblicata sul numero 9 di "diversatilità poetiche"

Opera per piano-forte
[prefazione]
Il Salento è terra d'illustri scrittori (tromboni) e di emeriti politici (buoni anche come matematici, data l'abilità a calcolar tangenti).
Ci sono sommi poeti che sommati, tuttavia, non ne fanno mezzo degno di nota –musicale, s’intende–. La poesia di questi altissimi poeti è legata a retaggi preistorici talmente lontani dalla nostra epoca che i significati, che già allora erano esoterici, lo sono ancor di più ai nostri giorni. E sbagliamo quando li tacciamo d'intellettualismo, sono raffinatissimi poeti esoterici.
Ci sono tanti bravi scrittori e ottimi suonatori di tamburelli. La pizzica va di moda. Ed anche la storia patria.
Ci sono i professori universitari, insigni accademici, conosciuti (ma pensi un po', signorina) da Lecce fino a Santa Maria di Leuca, e anche oltre, fino al Mar Mediterraneo, in fondo al Mar Mediterraneo, sia chiaro, dove si gettano e affondano, data la pesantezza della loro cultura.
Ci sono tanti salotti –alcuni anche molto antichi–, frequentati da gente davvero dabbene, ed estremamente fine nel cervello, forse perché fino a ieri avevano le scarpe grosse. Ma le hanno dismesse.
Proprio in uno di questi mielosi e pastosissimi salotti mi ritrovo una sera e decido di comporre, estemporaneamente, un'opera per pianoforte, per deliziare i miei deliziosi ed autorevoli compagni di conversazione.
Mi dica un po', signorina, non le piace la musica? Ma questa non è musica, è pittura!
- Che dice signore? È roba dura?
- Ma suvvia, ascolti, non abbia paura e poi mi dica. Non le piace mica? Ah, va in giro in biga! La comprendo, visto come funzionano i treni oggi…
Inizio a descrivere un paesaggio, e lo faccio in musica.
Al termine della mia performance, scrosciano gli applausi: che bello!

Opera per pianoforte (da suonare in maniera forte e piana)

[menhir]
(da suonare con una sola nota, della durata di circa trenta secondi, sempre con la stessa intensità. La nota dev'essere fine, per rendere l'idea di una pietra, solitaria, infilata nel terreno. Il suonatore dev'essere magro).

[dolmen]
(da suonare con tre note, della durata di trenta secondi ciascuna. In particolare si suonerà una nota dura, una nota durissima, una nota dura. Meglio se il suonatore è grassottello, nel caso in cui dovesse suonarlo il suonatore di [menhir], mentre suona deve necessariamente gonfiare le guance, a mo' di trombettiere).

[menhir su dolmen]
(questo è facile, basta suonare nei modi e con le modalità previste prima [menhir] e poi, a distanza breve [dolmen].
n.b.: si potrebbe anche suonare [dolmen] su [menhir], ma non avrebbe senso e susciterebbe ilarità e commenti sprezzanti).

[specchia]
(la durata è brevissima. Con tutte e dieci le dita percuotere simultaneamente e per una volta sola quanti più tasti possibile del pianoforte. Raccomandazione al suonatore: in posizione iniziale le braccia devono muoversi dal pianoforte verso l'esterno e la testa deve alzarsi lentamente. Poi, con scatto portentoso le braccia si muovono verso l'alto, con la testa sempre verso l'alto. A questo punto si gettano giù, insieme, testa e braccia. Attenzione a non perdere la testa!).

[salento preistorico]
(si comincia con [specchia] e si continua con [menhir su dolmen], oppure fate come volete, a piacere, tanto non cambia nulla).

Importanti note per il suonatore: essendo questa un'opera esoterica, è vivamente sconsigliato eseguirla in pubblico, di giorno e, soprattutto, in luogo aperto.
Si può fare, sia chiaro, ma solo se anticipata da una formula rituale che non posso qui riportare.

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