Cure alternative
Se il ballo è considerato terapia principe per il tarantismo, ciò
non esclude ve ne siano altre.
Goffredo di Malaterra scrive di clibanica, ossia dell’uso
di un forno (clibanus, appunto) nel quale “infornare” il tarantato
(d’uso anche in Sardegna per guarire dal veleno dell’argia e anche, in
generale, per risanare i folli).
Alberto d’Aquisgrana che fra il 1125 e il 1158 scrisse l’Historia
Hierosolymitanae expeditionis, una cronaca della prima crociata, che, nella
piana di Sidone, in tanti, fra i Cristiani, morirono a causa del veleno delle
serpi, chiamate tarenta, e che “furono edotti dagli indigeni su come guarire […].
Toccata e circoscritta la ferita di quel pungiglione con la mano destra,
sembrava che quel veleno non potesse più nuocere. Similmente impararono un
altro rimedio, che l’uomo punto dovesse giacersi, senza indugio, con una donna
e la donna punta con l’uomo”. Prosegue poi sostenendo che per tenere lontani i serpenti si dovevano
battere le pietre con colpi frequenti o procurare altro rumore percuotendole
sugli scudi così che i serpenti venissero spaventati da questo strepito e i
compagni potessero così riposare tranquilli […].
Altro metodo per scamparla consiste in una sorta di
“cristalloterapia”: ne scrivono Giorgio Baglivi e George Berkeley, con
particolare riferimento ai serpenti. Il primo cita la “pietra indica” che “si
trova nel capo del serpente indico, volgarmente Cobra de Cabelo, “che si crede
“avere una virtù specificata per estrarre il veleno dalla parte cui fu innestato
dall’animale velenoso”. Nel caso specifico il medico apre la ferita e vi
pone le pietre serpentine in modo
tale che queste possano assorbire il veleno, una volta assorbitolo si mettono
in un bicchiere di latte perché possano poi essere riutilizzate.
Di “pietre serpentine”ci dà notizia anche Berkeley, in particolare
egli parla lingua di un rettile pietrificato trovato sull’isola di Malta.
Gianfranco Pivati nel suo Nuovo dizionario scientifico e
curioso sacro-profano (1747) scrive che che “[...] dopo l’arrivo di san
Paolo a Malta non vi furono più né vipere né alcun altro animale velenoso, e
che quegli stessi che vengono portati d’altra parte, non vi possano vivere,
particolarmente nel sito dove san Paolo fu morsicato, che è una caverna, dalla
quale tutto il giorno vengono portate via pietre per scacciare gli animali
velenosi, e per servire da protezione e da rimedio contro le punture degli
scorpioni e dei serpenti: né si può dire, che questa sia una proprietà naturale
del Paese, perché quando vi capitò san Paolo, gli abitanti avendolo veduto
morsicato da una vipera giudicarono che cadesse morto. La cosa dunque deve
derivare dalla particolare benedizione di san Paolo estesa su tutta l’isola; e
un viaggiatore ci assicura, che vi si veggono dei bambini maneggiare scorpioni
senza pericolo [...]”.
Stesso potere di guarire dal morso degli animali velenosi, come le
pietre e la terra di Malta, lo aveva l’acqua del pozzo della cappella di san
Paolo a Galatina e, non di rado, le serpare, portavano assieme ai vermi ed alle
tarantole delle boccette contenenti il miracoloso.
Nessun commento:
Posta un commento