La morte della Taranta
Scritto nel 2002 e tratto da “Lecce che suona” (2004)
Come ogni anno, ormai, si sta per concludere la Notte della Taranta, l'evento dell'estate salentina. Ma, bisogna porsi un interrogativo: cosa lascia questa manifestazione al Salento? Niente, anzi toglie molto, soprattutto alla tradizione che tutti vogliono rivalutare, creando spettacoli ed esperimenti pubblicizzati ad hoc.
Mi spiego meglio: in tanti apprezzano la Notte della Taranta come una manifestazione sperimentale, di contaminazione fra la musica ed i dialetti salentini e civiltà apparentemente lontane, così come in effetti è; ma non bisogna pensare che sia l'unica manifestazione di fusione della musica indigena con altri ritmi, anzi, è l'ultima e, forse, quella destinata a "morire" nel giro di qualche anno.
La musica nel Salento non è solo la pizzica o la tarantella, di musiche ne esistono almeno altre due: la musica folk e quella che adotta stili musicali prettamente afroamericani (e non parlo solo del Reggae-Hip Hop, ma anche del Jazz che si muove al di fuori dei circuiti più conosciuti; si pensi all’attività che da diversi anni svolge l’associazione jazzistica Thelonious S. Monk di Maglie, proponendo concerti innovativi e promuovendo musicisti nazionali e locali di indiscusso valore). Queste musiche partono dalla tradizione salentina, più vera perché meno contaminata dal "villaggio globale", e arrivano a proporre una miscela fra Valzer, Jazz e Samba, la musica folklorica (quella di Bruno Petrachi, Gino Ingrosso, Ginone, Eupremio Fersino e tanti altri ancora), le vibrazioni giamaicane e beat afroamericani, il Reggae Hip Hop indigeno, i cui massimi rappresentanti sono Dj War, Militant P, Gopher D, Sud Sound System, senza tenere conto delle miriadi di crew che girano loro intorno.
Non solo, se qualcuno ha buona memoria, potrebbe ricordare gli esperimenti di Georges Lapassade e Piero Fumarola, i quali crearono un genere battezzato tarantamuffin (divenuto poi technopizzica) che, come si può chiaramente intendere, tendeva a contaminare la pizzica con il raggamuffin, così come sono da menzionare i laboratori di Blues in dialetto salentino tenuti da Gianfranco Salvatore presso l'università di Lecce.
La Notte della Taranta, creando fenomeni irreversibili, segna la morte, musicale, della pizzica, cosa che, fra l’altro, è già avvenuta con il Blues, con il Jazz, con il Rap. Come queste musiche, infatti, quella salentina, ha subito, negli ultimi anni, dei cambiamenti radicali.
Per rendersene conto basta ascoltare le registrazioni degli anni Settanta ed Ottanta e quelle contemporanee.
Differenti metriche, differenti stili sonori ma, anche, differenti argomenti; e non poteva essere altrimenti, vista l’urbanizzazione e l’intellettualizzazione di una musica nata nelle campagne salentine.
Mentre fino a qualche anno addietro si poteva affermare che "la pizzica e la tarantella erano musiche della campagna, per le donne che andavano a raccogliere il tabacco e venivano suonate e cantate in un contesto sociale differente da quello contemporaneo, difficile da comprendere ma che si poteva analizzare, oggi come oggi la legge è questa: non capire, contamina la musica e balla (dpmc)".
Nel Salento i "musicisti colti" sono entrati prepotentemente nella scena della "pizzica" e, senza apprendere né comprendere la lezione dei cantori salentini, si sono spinti "oltre" e hanno creato nuovi stili. Ora la domanda è: la perdita di alcuni punti cardinali porterà la pizzica ad una lenta ma inesorabile morte?, e quali sono le cause di questi cambiamenti? Le cause sono varie ma, a mio avviso, due sono le linee direttrici che bisogna seguire nel condurre una seria ed approfondita ricerca: una riguarda le ragioni endemiche, la continua e naturale evoluzione della musica; l'altra è esterna, riguarda i progressi nel campo tecnologico e delle comunicazioni di massa: la possibilità di ascoltare in tempo reale un concerto trasmesso dall'altra parte del mondo, ad esempio, per riprendere il meglio e svilupparlo tramite strumenti elettronici a basso costo che consentono di masterizzare, tagliare, cucire, remixare nel volgere di pochi minuti. Questi cambiamenti hanno dunque portato ad una "evoluzione" di quella che era all'origine una musica contadina i cui elementi fondamentali erano trasmessi dalla campagna salentina ai paesi.
Oggi sentire in radio un artista di musica popolare che afferma che il suo è un prodotto, o meglio "il" prodotto originale, farebbe ridere...
Tuttavia, nel Salento, la musica locale viaggia simultaneamente in due sensi: quello underground e radicale e quello leggero e commerciale.
Ma queste evoluzioni in nuovi stili e generi non possono che portare ad una perdita di punti di riferimento, segnando la morte della tarantella e delle sue intenzioni originali: un processo che già si annuncia difficilmente reversibile. Un sentore di questa cupa premonizione si è avuto in ambiti istituzionali e non, dove si reagisce creando vere e proprie scuole per cercare di mantenere viva una musica che pian piano sta perdendo la coscienza delle proprie radici.
D'altra parte non si può fermare l'evoluzione ma, sicuramente, si può cercare di conservare la musica della tradizione o, quantomeno, si può cercare di non spacciare un ibrido per prodotto originale. [...]
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